Ultimo capitolo della trilogia del disagio MARTA VS. RUSSIA.
Confrontandomi con altri italiani superstiti, mi sono resa conto che le nostre storie saranno anche differenti ma l'incipit è sempre lo stesso "Mò ti racconto di quella volta che in Siberia stavo per morire...". Abbiamo smesso di piangere e deprimerci a Krasnoyarsk non appena abbiamo deciso di prenotare una visita guidata per il parco nazionale Stolby.
Aspettative: una tranquilla passeggiata nella natura
Realtà: scalare rocce alte più di mille metri da terra senza un minimo di protezione
Completamente impreparati seguiamo le due guide che ci erano state assegnate.
Dopo sei chilometri di "affondata" nella neve in salita, cadute stile domino e bestemmie arriviamo al rifugio.
Qui alcuni di noi decidono che i sei chilometri erano già riusciti a far suicidare il loro spirito avventuriero e quindi preferivano arrendersi e aspettarci nello stesso punto dove la neve aveva preso la forma del loro sedere. Continuiamo in cinque, quatto ragazze e un ragazzo, medaglia d'oro di tuffi nella neve e il quantitativo maggiore di lividi sul sedere.
Scaliamo la prima roccia abbastanza tranquillamente, conosciamo dei ragazzi russi che in un mio momento di difficoltà (scivolo e resto appesa in maniera precaria ad una sporgenza) mi sollevano come una bambola di pezza e mi depongono delicatamente sulla cima con una formazione mani del primo che tengono i piedi del secondo e mani del secondo che mi traggono in salvo.
Stiamo per scendere dalla prima roccia quando una delle due guide mi si avvicina con un sorrisino che gli stropiccia la faccia screpolata dice:
Guida: "Ci sono due modi per scendere da questa roccia: il primo è quello sicuro, il secondo quello divertente. Tu quale scegli?"
Io: "Quello divertente!!"
Ingenua. Così senza pensarci due volte e senza nessun avvertimento mi spinge dalla roccia.
Mi è sembrato di scivolare per un quarto d'ora ma sarà stato giusto il tempo sufficiente per pregare che la guida che si era lanciata dietro di me non mi spiaccicasse contro un albero.
Mentre tentiamo di scalare la seconda roccia che era più alta della prima, conosciamo un tipo sulla sessantina con una sua figlia ipotetica che aveva il coraggio di lanciarsi da un blocco di roccia ad un altro uso Spiderman, senza paura e senza fregarsene del fatto che qualsiasi cosa in quella situazione sarebbe potuta essere fatale.
Dopo una serie di altri momenti di terrore, felicità (il paesaggio visto dalla cima rientra tra i più belli che abbia mai avuto la fortuna di vedere) terrore e freddo convinciamo la guida a scendere di nuovo al rifugio poiché stava facendo notte.
Punto della situazione: cinque italiani in Siberia a meno tantissimi gradi, congelati, con i ghiaccioli nella pelliccia dei cappucci, una di noi con i capelli letteralmente di ghiaccio poichè aveva perso il cappello nella neve, il nostro amico con le Hogan, tutti bagnati, stanchi e pieni di lividi ma soprattutto morti di fame.
Avevamo fame perché una volta separatici dai nostri compagni le guide non avevano pensato anche a dividere il cibo che avevano nelle loro borse.
Punto della situazione: cinque italiani che mangiano seduti su una panca di legno nella neve con una bufera in atto a meno moltissimi gradi sotto zero dei pomodorini solo lavati, dividono un'unica barretta di cioccolato e bevono tè freddo per la neve che ci era caduta dentro. Un bambino nel buio va sull'altalena. Gente che fa escursioni notturne ogni tanto sbuca dagli alberi provocando cadenzati infarti multipli.
Consapevoli della situazione spiacevole in cui ci trovavamo giungiamo a un patto con la guida: avremmo fatto tre chilometri con lui nella neve e altri tre chilometri da soli così lui sarebbe corso a prendere la macchina e ci avrebbe risparmiato altri tre chilometri di sofferenza.
Nel buio più totale con solo la luce dell'unico cellulare non scarico non appena la guida ci lascia soli ecco cosa succede in sequenza:
- cade Christian
- cado dietro di lui per vedere cosa fosse successo
- strusciamo con il sedere sui chilometri di ghiaccio che ci separano dalla neve fresca
- continuiamo a camminare nel buio
- ci perdiamo
- infarti multipli: continuano a sbucare persone dall'oscurità
- DISPERAZIONE
- non ci sentiamo nessuna parte del corpo
- devo fare pipì
- incontriamo una famiglia in gita
- si scarica il telefono
- restiamo al buio
- faccio pipì dietro un albero
- la famiglia ci aiuta a trovare la guida
- sopravviviamo
TORNIAMO A CASA FELICI DI MANGIARE NOODLES LIOFILIZZATI, FELICI DI NON ESSERE MORTI ATROFIZZATI.
FINE.
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I am sad
to announce that this will be the last chapter of the trilogy MARTA VS. RUSSIA.
Talking with
other Italian survivors about our experiences in Siberia, I realized that the
only thing our stories had in common was the fact that we all thought we could
die down there in Siberia.
We stopped
being depressed about the city Krasnoyarsk when we decided to take a guided
tour in the Stolby National Park. It was the most amazing and extreme thing I have
ever done in my life until now.
Expectations: a quiet walk in the nature
Reality: climbing dangerous rocks with no protections
at all
Completely
shocked we met our tour guides. We walked for six kilometers in the deep snow, fell
down cannot even remember how many times and after swearing a lot, some of us
decided that “That thing” was too hard for them and gave up. We started
climbing in five, four girls and one guy, gold medal in snow diving. We managed
to climb the first rock with dignity however, at some point two Russians helped
me because I was completely stuck with thick ice all around me. They lifted me
like a doll. Thanks guys.
We were about to go back when one of the two guides
asked me laughing:
Guide: “Do
you wanna try the funny way or the safe way to go down the rock?”
Me: “The
funny way!”
I was so naive.
The guide without thinking twice pushed me and I fell down the hill in the snow
and ice. This was the first time I thought I was going to die crushing in a
tree.
While climbing the
second rock we met two crazy people who helped us climbing: a sixty year old
man and his daughter. He thought he was Spiderman jumping from one rock to the other
and we were scared for him.
We had
other terrifying and terrific moments (insanely beautiful views from the top)
but in the end we had to go back ‘cause we were freezing and it was getting
totally dark in the woods.
We were starving because when our friends left they brought
food with them so we ended up eating washed tomatoes in the snow storm, divided
a chocolate bar in six and drank some cold tea.
To complete the scenery there were people coming from
the dark that gave us multiple heart attacks. We felt so bad that we bagged the guide to help
us: we were not able to walk for six km more in the snow storm and completely
frozen. We agreed to walk alone for three km so he could run to the car and
pick us up after the first 3 km .
We were alone in the dark and it was snowing. That’s
what happened:
1. Christian
fell down on the ice
2. I
fell down after him to see what happened
3. We
both used our ass to get to the snowy part of the road
4. Kept
on walking in the dark. No idea where we were going
5. Got
lost
6. Multiple
heart attacks: people kept on getting out from the woods in the dark
7. DESPAIR
8. I
had to pee
9. Finally
met a family who was having a tour at night
10. The
only phone we had switched off
11. I
peed in the woods (What an experience)
12. The
family helped us but the crazy thing was walking at night in the woods with two
kids was normal for them
IN THE END WE WENT HOME HAPPY BECAUSE WE WERE SAFE AND HAPPY TO EAT OUR FAKE CHINESE PASTA.
THE END.
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