Immaginate un gruppo di
disagiati completamente allo sbaraglio in viaggio per la Siberia.
Destinazione Krasnojarsk,
a circa otto ore di treno da Tomsk, verso la Mongolia, per intenderci.
Dalle foto su internet
la città somigliava quasi a New York City ma, come spesso accade, il rapporto
pubblicità - realtà era tra i più squilibrati che avessi mai riscontrato in tutta la mia breve esistenza.
La stazione di Tomsk era il nostro luogo di ritrovo. Quella è stata la prima volta che mi si sono formati i
ghiaccioli nel naso. Quando ti succede ti coglie alla sprovvista, ma dopo un po’ ti ci abitui e ti senti quasi parte integrante del paesaggio.
La cosa che mi piace di
più dei treni russi è che non puoi non fare amicizia con il tuo compagno di
posto, non puoi non fumare una sigaretta con lui abusivamente nello spazio tra
i vagoni o farti un cicchetto di nascosto, non puoi non condividere con lui i
tuoi noodles liofilizzati.
Mi siedo con la mia
amica nello scompartimento che ci era stato assegnato e conosciamo i nostri
vicini, molto carini per gli standard russi.
Per attaccare bottone ci offrono carne di
orso che non abbiamo il coraggio di mangiare ma subito uno di loro si deve spostare perché un
uomo alto due metri per due metri, pieno di tatuaggi ed ex galeotto si siede
insieme a noi. Sbraita un po’ all’inizio ma crolla quasi subito per la stanchezza.
Dopo aver osservato a lungo un bambino criminale che quasi uccide una sua compagna lanciandole addosso
un borsone e che passa un buon quarto d’ora a spiegare a un suo amico come minacciare le persone con un coltellino a serramanico, arriviamo
a destinazione.
Sistemiamo le nostre cose e all’augurio “WELCOME TO XELL” dei nostri nuovi amici, scendiamo dal treno.
Il nostro giro di
ricognizione per la città non è certo tra i più felici: sarà stato il fatto che
era domenica, che era tutto un pò troppo grigio, un po’ troppo sovietico, un po’ abbandonato
e tutto un po’ troppo ghiacciato.
Desiderio comune era buttarci a terra e urlare. Ci eravamo trascinati per ore e ore lungo strade
deserte fino a quando non sentiamo della musica. Una festa cittadina, una di
quelle tipiche russe dove ti ritrovi in mezzo alle nonne che con i loro scialli
a fiori e frange cercano di venderti i prodotti del loro orto e dove quello
che ti colpisce oltre alle galline nelle gabbie, è la comunità intera che si riunisce e balla in piazza.
Così, tra matrioške e
bancarelle ci passa la tristezza e iniziamo a ballare pure noi.
……………………………………………………………….
Picture this: eight Italians travelling throughout
Siberia. Destination Krasnoyarsk, eight hours by train from
Tomsk. When we checked Krasnoyarsk on the Internet, it
looked like NYC, which was insane considering that it is located in deep Siberia. Reality
cannot be furthest from the pictures.
We met at the station and that was the first time icicles formed on my nose. WTF?! I thought, 'cause you really
feel like you are part of the landscape!
The thing that I like the most of Russian trains is
that you will inevitably start chatting with the guy next to you and you will
end up smoking forbidden cigarettes with him in the tiny space between the train wagons probably listening to Leningrad's songs.
We met two guys, who offered us bear meat, and a
huge man who spent some time in jail. The day after we had to say goodbye. They said “Welcome to xell”, we said "Thank you" and left.
We had a look at the city
but it was so sad, so grey, so soviet that we just wanted to scream and run away as fast as we could. Anyway, even in our “disagio”
we were pretty lucky because we found a traditional festival not far from the
center. It was awesome so we decided to dance, dance, dance and the city was
sad no more.
THE END. |
Nessun commento:
Posta un commento